Dic 10, 2024 Approfondimenti, Hacking, Hacking, In evidenza, Minacce, Minacce, News, Privacy, Privacy, RSS
In Cina scoppia il mercato nero dei dati sensibili: oltre a costringere le aziende a raccogliere informazioni sui propri utenti, il governo cinese sta puntando anche sui dipendenti delle imprese e degli organi statali, portandoli a ottenere dati privati e rivenderli a criminali.
Oltre quindi alla raccolta centralizzata di dati operata dalle aziende tecnologiche, esiste un mercato nero parallelo che incentiva dipendenti e funzionari pubblici a vendere informazioni sensibili a cybercriminali e aziende, generando guadagni che possono raggiungere i 70.000 yuan al giorno (più di 9.000 euro).
In un approfondimento sul tema, Jessica Lyons di The Register spiega che questi “lavoratori in nero” non raccolgono solo i dati degli utenti normali, ma anche di alti funzionari del Partito Comunista Cinese e hacker ricercati dall’FBI, per scopi di monitoraggio e spionaggio.
“Mentre la ricerca occidentale sul crimine informatico si concentra in modo particolare sui criminali del mondo anglofono e russo, esiste anche un’ampia comunità di criminali informatici di lingua cinese che si dedicano a truffe, crimini informatici di basso livello e con motivazioni finanziarie” ha affermato Kyla Cardona, ricercatrice di sicurezza di SpyCloud.
Dietro questa operazione massiva ci sono dei broker di dati che agiscono come intermediari, reclutando persone con annunci espliciti. Alcuni di questi broker affermano di avere “contratti ufficiali” con le principali aziende di telecomunicazioni cinesi per accedere alle abitudini di navigazione degli utenti e rivenderle. A comprare queste informazioni non sono solo i cybercriminali, ma anche business legittimi che li sfruttano per aumentare le vendite.
I dati raccolti finiscono nei cosiddetti “database di ingegneria sociale” o SGK (Shegong Ku). Questi database contengono nomi, indirizzi di residenza, date di nascite, numeri di telefono, email, informazioni bancarie e sanitarie, dettagli sulle proprietà dell’utente e anche foto e scansioni per il riconoscimento visivo.
Tutte queste informazioni vengono pubblicizzate e vendute, o in alcuni casi addirittura fornite gratuitamente. È possibile inoltre effettuare ricerche generiche per pochi dollari (da 1 a 5 per ricerca), oppure sottoscrivere un abbonamento premium per accedere a informazioni dettagliate su un’azienda, spesso pubblicate da un insider.
Lyons riporta che uno dei database più grandi, ora non più accessibile, conteneva informazioni di più di 3 milioni di utenti. Attualmente il database più grande ancora attivo ha 317.000 abbonati, molto superiore alla media di 90.000 per mese. “Se non riesci a trovare qualcosa su uno di questi, probabilmente lo trovi in un altro o in un canale cinese di leak. È una parte importante dell’intero ecosistema del cybercrime che in Occidente non è presente” ha affermato Cardona.
In occasione della Cyberwarcon, Cardona e Aurora Johnson, un’altra ricercatrice di SpyCloud, hanno mostrato quanto è semplice accedere alle informazioni contenute nei database e soprattutto quanti dettagli si possono ottenere. Le due hanno ottenuto accesso ai dati di membri di alto livello del Partito e informazioni quali l’ID WeChat personale, gli hobby, lo stato civile, lo stipendio e il codice IMEI che identifica univocamente un dispositivo mobile.
Accedere a tutte queste informazioni significa però anche riuscire a tracciare le attività dei cybercriminali e individuarli più facilmente. Cardona e Johnson hanno presentato come caso di studio quello relativo a Fu Qiand (alias StandNY), hacker accusato di attacchi informatici a livello globale. Accedendo ai dati contenuti negli SGK, i ricercatori hanno ottenuto numerosi dettagli personali dell’hacker, inclusi account violati, indirizzi IP e numeri di telefono.